Just Breathe

Era una di quelle giornate invernali in cui solo l’idea di uscire faceva tremare le caviglie. La mattinata al lavoro era stata pesante, e la salute non era poi delle migliori. Il sorriso era però rimasto fisso sul suo volto, come d’altronde succedeva da un po’.  Iniziava a pensare a colori, lei. La nuvola nera con la quale viaggiava era quasi del tutto dissolta, si intravedevano quei timidi raggi di sole che si erano nascosti ormai da troppo tempo.

Nessun pensiero c’era però in quell’abbraccio. Non c’era più il freddo, non c’era più lo stress, né la stanchezza, né l’ansia di vivere che la accompagnava tutti i giorni dal momento in cui apriva gli occhi la mattina. Non c’era dolore, non c’era paura, non c’era incertezza. Sotto il caldo di un piumone, l’unico rumore era il loro respiro , all’unisono. Un battito di cuore , una risata, lo schiocco di un bacio.

Sarebbero stati capaci di rimanere lì stretti per ore, senza dire una parola. Pelle contro pelle, la testa di lei incastonata nell’incavo della sua spalla. Un turbinio di emozioni che sfociava in felicità. Non c’era una parola migliore per descrivere quegli attimi: felicità. L’aveva mai provata in vita sua? L’aveva mai sentita così intensamente? Forse no, non lo ricordava; ma non era importante, in quel momento si sentiva realmente felice, null’altro importava. Il mondo attorno non esisteva più, stava vivendo per le sue carezze lungo la schiena; per il profumo della sua pelle, che cercava di afferrare il più intensamente possibile per far si di ricordarlo almeno fino al giorno seguente;  per i suoi lunghi baci sulle labbra, così umidi da lasciare quasi una timida impronta ; per le parole d’amore sussurrate all’orecchio per timore di farle volare via , tenute strette come canarini in gabbia; per quegli occhi così blu e profondi che le facevano pensare alle gelide acque dei torrenti di montagna che amava tanto.

“Just Breathe”, cantavano i Pearl Jam. “Stay with me, you’re all I see.”. Ed era vero, era dannatamente vero. Non desiderava altro che lui. Non c’era più il passato,e il futuro non faceva poi così paura.

La debole luce della piccola lampada le permetteva di scorgere a malapena il pallore del suo petto, delle sue braccia, del suo collo. E lei era solita passare delicatamente la mano su di lui, sfiorando lentamente con le dita l’inchiostro sulla sua pelle, che finiva per confondersi con il suo. Bastava così poco per essere fuori dalla realtà. Ore che sembravano secondi, minuti tenuti stretti e conservati come il più prezioso dei tesori. Sognava un mondo fatto della sua presenza, un mondo in cui quello stesso abbraccio sarebbe potuto durare per sempre, un mondo in cui il suo sorriso avrebbe illuminato ogni giornata, in cui l’avrebbe presa in braccio senza preavviso e sollevata in alto, come faceva sempre, solo per stamparle un bacio e dirle quanto fosse bella. Un mondo in cui poter sconfiggere le sue paure e le sue insicurezze solo tenendolo per mano. Sarà mica questo il significato della parola amore?

“E’ ora di andare”, disse lei. “Lo so”. Rispose lui. Ma rimasero abbracciati, ancora un po’.

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