Diario di una (quasi) trentenne complessata

Mi ritrovo a scrivere su questo blog per noia, o forse solo perché ultimamente mi sono ritrovata a sentire nella mia testa decine e decine di parole e flussi di coscienza che forse avrei bisogno di tirare fuori, così a caso, per avere un punto della situazione, anche se magari (e spero) non lo leggerà nessuno, ma potrò rileggerlo io quando starò meglio, peggio o comunque in modo differente da ora.

Sono in uno strano periodo della mia vita. Ho un lavoro, un uomo che amo follemente, delle persone a cui voglio bene, e un tetto sopra la testa. Dovrei ritenermi felice, e in molti momenti mi sento davvero così, e vorrei rimanere ancorata a quei momenti solo per evitare di pensare nell’istante esatto in cui mi ritrovo da sola. Attenzione, non voglio dire che la solitudine mi pesi; in realtà spesso sono proprio io a ricercarla, lo stare troppo in mezzo alla gente mi fa mancare l’aria, ed avere i miei spazi è sempre stato qualcosa di cui ho avuto estrema necessità, per riposare il cervello, rilassarmi, riflettere, pensare, o comunque semplicemente staccare la spina. Però ultimamente mi ritrovo sempre più a pensare a me, in particolar modo a quello che non mi piace di me, cosa che d’altronde è sempre successo, lo ammetto, ma la particolarità di questo momento della mia vita mi porta a fare una sorta di autoanalisi su come io stia diventando e se questo modo di essere mi potrà portare o meno a quello che vorrei diventare nel corso della mia esistenza.

Da sempre , o perlomeno da quando ho iniziato a “crearmi” una personalità autonoma, l’unica cosa che volevo veramente era essere diversa. Ma cosa voleva dire essere diversa? Ancora non lo so. Ho cominciato con la musica, non volevo più ascoltare quello che ascoltavano tutti, così sono passata a metal. Poi al modo di vestire, volevo emergere, volevo che la gente non mi vedesse come loro, così che mi allontanassero; volevo che gli unici che potessero avere il diritto di starmi vicino fossero quelli che sapevano andare oltre le borchie e le catene e vedere che dentro di me c’era ancora quella ragazzina sensibile che ama la natura, gli animali e che crede nell’amore eterno. Poi il trucco nero, la tinta rossa. Pian piano ho capito che l’essere diversa mi aveva portato a piacermi di più, credevo di più in me stessa e riuscivo quasi a camminare per la strada senza guardarmi sempre e solo la punta delle scarpe. Forse stavo diventando la donna che volevo essere.

Ma questo non bastava, non basta ancora. Mi sono sempre portata dietro quell’enorme insicurezza che mi porta a volere essere sempre di più, non accettarmi mai e provare ad essere ancora e ancora quello che so bene non potrò mai essere. Arrivavo ad invidiare anche donne molto più brutte di me (sia esteticamente che nell’animo) solo perché magari loro avevano quel particolare in più che io non avevo, oppure perché riuscivano ad attirare l’attenzione senza avere niente di particolare. O magari solo perché erano circondate da amici e facevano un tipo di vita che io non avevo mai fatto, d’altronde anche per scelta personale. Io non ho mai avuto molti amici, sia perché non mi accontento, sia perché non trovo quasi mai nelle persone qualcosa che possa colpirmi e che mi faccia venire voglia di conoscerle, sia perché quei pochi amici e affetti che io abbia mai avuto nella mia vita mi hanno pugnalato più volte alle spalle e mi hanno fatto capire che tenere ad una persona molto più di quanto lei tenga a te è (purtroppo) un errore madornale. Quindi da molto, moltissimo tempo evito di affezionarmi e ho tirato su un muro che mi permette quasi sempre di tenere lontane le persone, o quantomeno farle avvicinare ma avere sempre quella sorta di dubbio (che è quasi una certezza) che prima o poi mi faranno del male, quindi la mia fiducia nell’essere umano è andata pian piano a farsi fottere. Sono sempre stata bene in questa condizione, non ho sofferto per un po’, anche se ammetto di aver percepito quella solitudine che percepivo ogni volta che vedevo sui social foto di cene, feste, abbracci, pomeriggi in cui io non ero mai presente. Ma mi stava bene così , meglio la solitudine che le delusioni, no? 

Il complesso che più di tutti mi ha portato a chiudermi in me stessa è stato, oltre all’insicurezza e alla timidezza, il rifiuto che ho sempre avuto per il mio corpo. Non sono mai riuscita a guardarmi allo specchio senza avere un’espressione stizzita e schifata, non ho mai indossato un costume al mare, non ho mai messo qualche vestito o maglietta che andasse a mostrare le mie forme, non ho mai voluto apparire sensuale o comunque carina , perché sapevo di non esserlo. Non dico che questo possa essere un male, alla fine sono sempre riuscita a trovare un equilibrio senza stare con le tette al vento o girare in shorts (cosa che non avrei fatto nemmeno con un fisico statuario), ma il motivo principale per cui non lo faccio è perché non voglio mostrare i miei presunti difetti. So di non essere poi così grassa, so di non avere “brutture” così evidenti da non potermi permettere una normale maglietta e non uno dei sacchi che indosso di solito, ma non ci riesco. E la cosa , come il resto , non mi pesa, ma il pessimo rapporto che ho con me stessa e con il mio corpo ha contribuito al pessimo rapporto con le altre persone.

Fino ad oggi bene o male tutti questi problemi non mi pesavano. Ma ora si, molto. Ho conosciuto finalmente. dopo anni e anni di ricerche, dopo anni di delusioni, qualcuno che mi accetta per come sono e che sopratutto HA CAPITO come sono , andando oltre i miei teschi, il mio nero e il mio gusto per l’orrido. E all’inizio di tutto ho avuto paura, avrei voluto lasciar perdere perché come al solito sapevo di non essere abbastanza. Ma ho voluto continuare e aspettare che , come tutte le persone che ho conosciuto nella mia vita, si stancasse di me appena avesse conosciuto la “vera Debora”.  Dopo un po’, dopo che piano piano scopriva i miei difetti, dopo aver capito che non sarebbe andato via, ho iniziato a buttare pian piano giù il pesante muro, mattoncino dopo mattoncino, e mi sentivo anche più aperta verso il mondo, e vedevo e cose da una prospettiva diversa. Per un breve periodo ho cominciato sentirmi “normale”, a non vedere più solo il nero delle cose, ma anche le sfumature di colore, avevo aperto uno spiraglio di luce nella mia anima nera e pessimistica. Poi, dopo questa breve parentesi, le mie insicurezze si sono fatte avanti, di nuovo, e la mia persona ha ricominciato ad apparirmi terribile , brutta e senza alcun minimo di attrattiva. Cosa succede in questi casi? La gelosia. La convinzione che potesse vedere ogni persona come migliore di me (perché sono convinta che tutti lo siano) e che possano portarmelo via. Come i bambini. Come gli stupidi.  E iniziano gli incubi la notte, le domande come “e se..?”, si comincia a pensare alle bugie e ai tradimenti e alle pugnalate dietro alla schiena che ho subito una vita intera. Ma la convinzione del voler lottare ogni giorno per la mia felicità mi fa andare avanti. In passato ho potuto vedere come la gelosia (e non parlo solo della gelosia in un rapporto di coppia, attenzione) possa rovinare ogni genere di rapporto, come lo logori e come si arrivi all’esasperazione, e io non voglio diventare l’artefice della mia rovina. Quindi mi aggrappo con le unghie e con i denti a tutto ciò che c’è di positivo, anche se iniziare a donare fiducia a qualcuno dopo che in 27 anni TUTTI, in un modo o nell’altro, hanno fatto si che io non ne abbia più per nessun essere umano, nemmeno per mia madre, è un’impresa quasi impossibile. Ma io non mi arrendo. Sto cercando di cambiare me stessa ogni giorno, in tutti i lati di me che non mi piacciono, sia fisici che caratteriali, per far sì che inizi a piacere in primis a me; e costruendo la fiducia in me stessa, solo in questo modo, avrò la possibilità di riuscire a capire la sincerità dei sentimenti che le altre persone possano provare per me. Ce la farò? O manderò tutto all’aria? Chi lo sa. 

Alla prossima puntata.

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Just Breathe

Era una di quelle giornate invernali in cui solo l’idea di uscire faceva tremare le caviglie. La mattinata al lavoro era stata pesante, e la salute non era poi delle migliori. Il sorriso era però rimasto fisso sul suo volto, come d’altronde succedeva da un po’.  Iniziava a pensare a colori, lei. La nuvola nera con la quale viaggiava era quasi del tutto dissolta, si intravedevano quei timidi raggi di sole che si erano nascosti ormai da troppo tempo.

Nessun pensiero c’era però in quell’abbraccio. Non c’era più il freddo, non c’era più lo stress, né la stanchezza, né l’ansia di vivere che la accompagnava tutti i giorni dal momento in cui apriva gli occhi la mattina. Non c’era dolore, non c’era paura, non c’era incertezza. Sotto il caldo di un piumone, l’unico rumore era il loro respiro , all’unisono. Un battito di cuore , una risata, lo schiocco di un bacio.

Sarebbero stati capaci di rimanere lì stretti per ore, senza dire una parola. Pelle contro pelle, la testa di lei incastonata nell’incavo della sua spalla. Un turbinio di emozioni che sfociava in felicità. Non c’era una parola migliore per descrivere quegli attimi: felicità. L’aveva mai provata in vita sua? L’aveva mai sentita così intensamente? Forse no, non lo ricordava; ma non era importante, in quel momento si sentiva realmente felice, null’altro importava. Il mondo attorno non esisteva più, stava vivendo per le sue carezze lungo la schiena; per il profumo della sua pelle, che cercava di afferrare il più intensamente possibile per far si di ricordarlo almeno fino al giorno seguente;  per i suoi lunghi baci sulle labbra, così umidi da lasciare quasi una timida impronta ; per le parole d’amore sussurrate all’orecchio per timore di farle volare via , tenute strette come canarini in gabbia; per quegli occhi così blu e profondi che le facevano pensare alle gelide acque dei torrenti di montagna che amava tanto.

“Just Breathe”, cantavano i Pearl Jam. “Stay with me, you’re all I see.”. Ed era vero, era dannatamente vero. Non desiderava altro che lui. Non c’era più il passato,e il futuro non faceva poi così paura.

La debole luce della piccola lampada le permetteva di scorgere a malapena il pallore del suo petto, delle sue braccia, del suo collo. E lei era solita passare delicatamente la mano su di lui, sfiorando lentamente con le dita l’inchiostro sulla sua pelle, che finiva per confondersi con il suo. Bastava così poco per essere fuori dalla realtà. Ore che sembravano secondi, minuti tenuti stretti e conservati come il più prezioso dei tesori. Sognava un mondo fatto della sua presenza, un mondo in cui quello stesso abbraccio sarebbe potuto durare per sempre, un mondo in cui il suo sorriso avrebbe illuminato ogni giornata, in cui l’avrebbe presa in braccio senza preavviso e sollevata in alto, come faceva sempre, solo per stamparle un bacio e dirle quanto fosse bella. Un mondo in cui poter sconfiggere le sue paure e le sue insicurezze solo tenendolo per mano. Sarà mica questo il significato della parola amore?

“E’ ora di andare”, disse lei. “Lo so”. Rispose lui. Ma rimasero abbracciati, ancora un po’.

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Patriottismo o ipocrisia?

Quello che nella vita non sono mai riuscita a capire (parlo da non appassionata di calcio) perchè mai l’Italia , che ogni giorno si dimostra nella quotidianità uno dei paesi meno patriottici del mondo, ogni volta che c’è una partita di pallone , si ritrova unita per 90 minuti , come se 2 secondi prima non fosse stata lì ad insultare il proprio paese. 

Amici, parenti, colleghi e conoscenti. Tutti, ogni santo giorno, a parlare di quanto questo paese faccia schifo, di quanto la politica sia una merda, di quanto i propri vicini di casa siano ignoranti, di quanto disprezzino tizio perché è terrone, caio perché è polentone. Ogni cosa non va bene, la gente, il clima , il lavoro, il governo, le forze dell’ordine e la criminalità. Tutti sognano di scappare all’estero, di cambiare vita, di cambiare nazione.

PERO’ ATTENZIONE, OGGI GIOCA LA NAZIONALE! CHE ONORE, CHE ORGOGLIO AD ESSERE ITALIANI, SIAMO TUTTI FRATELLI E SORELLE, SIAMO NATI QUI, QUESTO E’ IL PAESE DEL BUON CIBO E DELLA CULTURA, MERITIAMO DI VINCERE GLI EUROPEI!

Ieri, sono capitata per caso a vedere la partita Germania-Italia su un maxischermo a Villa Ada (un grande parco di Roma), perchè interessata ad un concerto che ci sarebbe stato alla fine della partita stessa. Prendiamo le sedie, mi metto seduta con pizza e patatine rassegnata a dover aspettare 90 minuti , quando iniziano le baruffe perché dei tizi si erano messi in piedi a discapito di tutta la gente seduta che non vedeva nulla. Banalmente, si sarebbe potuto risolvere parlando con calma con le persone in piedi e pregandole di trovare un posto a sedere così da permettere a tutti di vedere, ma ovviamente non è stato possibile. Sono iniziati a volare insulti “PELATO DI MERDA! TE DEVI METTE SEDUTO!” “COGLIONA , NON VEDIAMO UN CAZZO!” “HAI PROPRIO UNA FACCIA DI MERDA, GIRATE ALMENO, TESTA DI CAZZO!” Ovviamente si è rischiata la rissa, che per fortuna è stata scongiurata, perché i tizi in piedi si sono visti tirar cose in testa e sono fuggiti in ritirata. Un normalissimo comportamento di persone veramente unite tra loro, di una popolazione civile e rispettosa, fratelli e sorelle congiunti nel bene e nel male.

Ma poi ECCO, IL FISCHIO D’INIZIO! Ora non ci sono più i problemi, ora niente più parolacce, solo baci e abbracci, solo amicizia, solo fratellanza. Gioiamo e piangiamo insieme, il nostro Belpaese unito contro la Germania, che brutta nazione, solo nazisti e crauti, meglio la nostra dieta mediterranea e il nostro sole. CAZZO ABBIAMO SEGNATO,CHE BELLO, QUESTA VITTORIA CE LA MERITIAMO DAVVERO!

Oh, l’intervallo, “PELATO DI MERDA, ANCORA IN PIEDI STAI?????”

L’ironia spicciola ci sta , va bene. Ma seriamente, non posso sopportare l’ipocrisia di un popolo che non ama il suo paese (come non lo amo io , lo ammetto) , e che si trova ad essere unito solo ed esclusivamente quando 11 coglioni superpagati si mettono a rincorrere una sfera ed a sgambettarsi tra di loro. Non posso tollerare una cosa del genere, l’Italia non può esistere solo quando vede giocare a palla, o quando muore qualche connazionale in attentati esteri. Ogni giorno c’è gente che si suicida perché non ha il lavoro, gente che muore per la malasanità, persone che vengono trucidate da amici o familiari per banali litigi o per gelosia, bambini stuprati dalle famiglie, detenuti massacrati, anziani costretti a vivere in mezzo alla strada dopo decenni di sacrifici perché gli è stata tolta la casa. Bello il nostro paese, vero? Bello condividere la nazionalità con queste persone,bello essere fratelli. Ma tanto queste notizie passano davanti agli occhi come niente, succedono ogni giorno, sti cazzi. MA RICORDATEVI SEMPRE , FORZA ITALIA!

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Polpette vegetariane di patate e broccoli

Ricetta facile facile per chi ama le verdure e ogni tanto si vuole concedere qualche sfiziosità in più. Ottime anche per i bambini. Ovviamente si può sperimentare anche la variante al forno per un risultato più leggero!

Ingredienti per circa 15 polpette medio-grandi (mi sa che ho esagerato..) :

  • 500 gr di broccoli (circa)
  • 1 patata bella grande (o due medie)
  • dado o granulare per brodo vegetale
  • olio di semi per frittura
  • 2 uova
  • parmigiano
  • pan grattato
  • mollica di pane
  • farina di polenta
  • sale e pepe q.b.
  • olio d’oliva (un cucchiaio)

 

Procedimento.

Per prima cosa ho tagliato le patate a dadini e i broccoli (prendendo le cime) e ho messo il tutto a bollire nel brodo vegetale in un’ampia pentola (io ho usato il granulare, ma si può usare anche il dado normale, facendolo ovviamente sciogliere prima nell’acqua). 

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Quando la verdura appariva bella morbida, ho messo il tutto a scolare in uno scolapasta, e lasciato riposare e raffreddare per qualche minuto. Ho quindi messo il composto in una terrina, e ho schiacciato le verdure con la forchetta fino a farne una purea, e lasciato ancora a raffreddare.

Nel frattempo ho sbattuto le due uova in un piattino. Un uovo l’ho messo nell’impasto e l’altro l’ho lasciato lì. Servirà successivamente per le polpette.

Insieme all’uovo, ho inserito nella purea il parmigiano (la quantità è a gusto di chi prepara). Ho mescolato il tutto aggiustando di sale e pepe, aggiungendo un cucchiaio d’olio d’oliva. Infine ho messo la mollica sbriciolata di una fetta di pane, e del pangrattato a pioggia, finché la purea è diventata abbastanza solida da poter essere impastata. 

Ho “creato” le polpette, di media grandezza perché l’impasto era molto, ma si può scegliere il formato che si preferisce. Le ho prima passate nell’uovo, poi le ho ricoperte con la farina di polenta. 

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Nel frattempo ho messo a riscaldare l’olio di semi in un’ampia padella, e quando era ben caldo ho aggiunto le polpette, schiacciandole un po’ così da favorirne la cottura . E’ necessario che siano dorate da entrambi i lati, di solito ci mettono 3-4 minuti per lato.

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Infine, a doratura raggiunta, ho adagiato le polpette in un piatto piano su due fogli di carta assorbente. Lasciare intiepidire e BUON APPETITO!

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IL VIAGGIO

Avendo lontano l’amore, mi ritrovo spesso a viaggiare in treno. Credo si possa definire simile ad un’esperienza mistica guardare fuori dal finestrino lo scorrere dei paesaggi , mentre nella testa frullano talmente tanti pensieri da poter analizzare quasi completamente la propria intera esistenza.
Il viaggio d’andata è sempre piacevole. Con il sorriso sulle labbra ci si appresta a raggiungere la tanto ambita meta, ci si aspetta di trascorrere giorni felici, esperienze nuove, emozioni .
A volte si dice che è l’attesa del piacere l’essenza del piacere stesso. Non sono mai stata molto d’accordo con questa affermazione, ma nel caso di un viaggio, credo racchiuda la verità assoluta.
Interessante è anche lo “studio” degli altri viaggiatori. Guardarli, il provare ad immaginare la loro vita, dove stanno andando, da dove vengono, cosa o chi hanno da raggiungere, cosa li ha spinti a partire , motivi di lavoro, di cuore, familiari, un’emergenza. Non sono mai stata interessata agli altri esseri umani ma, seduta su quella poltrona un po’ scomoda, mi ritrovo a sentirmi parte di una ristretta nicchia , unita da emozioni così simili, miste tra speranze e paure, tra aspettativa e realtà, tra abitudine e novità. Ognuno con il proprio libro, ognuno con la propria canzone preferita nelle cuffie. Ma tutti guardano lo stesso paesaggio.
Quello che non riesco a tollerare è il viaggio di ritorno. Con il cuore pieno d’amore, gli occhi colmi di posti nuovi e bellezza, il corpo rilassato e finalmente non stressato, si torna in viaggio con la consapevolezza di essere ricatapultata nella solita realtà, nella triste quotidianità di tutti i giorni, nell’apatia.
Ma non mi importa. Anche se le mancanze si fanno sentire, continuerò a viaggiare, sempre. Perché nessuna sofferenza può battere una gioia così grande.

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Cade la pioggia

Oggi piove, piove forte.

Il cielo è grigio, l’aria è pesante, così tanto pesante che è quasi difficile respirare. O forse quello non dipende dall’aria, ma dalla mia testa.

Cade la pioggia e tutto tace” cantano i Negramaro, ma dentro di me c’è il caos, e fuori le macchine sfrecciano veloci sull’asfalto. Le gocce si affollano sui vetri, rincorrendosi, per poi riunirsi insieme sul davanzale scuro.

Siamo a maggio, ma l’aria è ancora pungente; sento la morbidezza rassicurante del mio maglione sulla pelle. Amo il freddo. L’arrivo dell’estate mi spaventa , quell’estate che porta con sé troppi colori, troppe risa, troppo sudore.  Io, invece, sono rimasta indietro; già mi mancano le sagome degli alberi grigi e spogli, il cielo plumbeo e i cappellini di lana. Tutto ciò si intonava molto meglio con il mio umore di questi giorni.

Oggi, camminando per raggiungere il lavoro, ho chiuso l’ombrello e mi sono goduta la sensazione delle deboli gocce di pioggia che mi cadevano sul viso. Stranamente , sorridevo. Per un solo momento , con le guance bagnate, sono riuscita a dimenticare tutti i problemi che avevo lasciato uscendo di casa, e ho sentito per un attimo una gradevole sensazione di spensieratezza, della quale, sinceramente, sento un pochino la mancanza.

Ora come ora quella sensazione è svanita, e mi ritrovo chiusa in ufficio a scrivere pensieri su uno stupido foglietto, mentre fuori ancora cade, lentamente, la pioggia. 

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… però sei bella dentro!

In questo spezzone mi piacerebbe parlare delle ragazze che, come me, sono costrette ad attirare l’attenzione del mondo esterno con qualità diverse dalla forma fisica perfetta.  

Mi piacerebbe parlare di noi, noi che se mettiamo i tacchi sembriamo dei T-Rex. Noi, che con una maglietta sopra l’ombelico sembriamo pronte per andare in spiaggia con la ciambella.  Noi, che alla prova costume preferiamo la parmigiana. Noi, che nei camerini prendiamo sempre la taglia 40 sperando che questa volta abbiano allargato i pantaloni, e ne usciamo sempre a testa bassa perché non ci entrano nemmeno fin sopra la caviglia. Noi, che ci promettiamo di metterci a dieta DA LUNEDI’ . Noi , che mangiamo la cioccolata e ci sentiamo in colpa solo se ci vede qualcuno.

Ecco, noi siamo le donne che gli uomini definiscono BELLE DENTRO. Non abbiamo un bel di dietro, non abbiamo un seno prorompente, non siamo sensuali (a volte , anzi, camioniste). Con una felpa e lo chignon non sembriamo modelle da copertina , ma ci tirano gli spicci credendo di aver a che fare con una povera zingara. Compriamo fiduciose vestiti che stanno bene ai manichini e su di noi sembrano sacchi dell’immondizia colorati.

Il nostro spazio nel mondo ce lo siamo create con il nostro sorriso, la nostra battuta pronta, il nostro carisma e la nostra umiltà. Il problema è questo però: secondo la nostra società, siamo da considerare meno donne di chi indossa una taglia 40?

Mi trovo, alla veneranda età di 26 anni, a sentirmi in imbarazzo a girare con una gonna o un paio di calzoncini perché ciò che è giusto è che vengano indossati solo da ragazze slanciate. Mi trovo ad entrare nei camerini dei negozi e trovare specchi deformanti che mi fanno sembrare 2 taglie più magra per convincermi a comprarmi quel vestito o quel jeans. “GUARDA QUANTO SEI FIGA, QUEL PANTALONE TI SNELLISCE UN SACCO!” Vado in palestra per dimagrire e mi trovo ragazze magre come un chiodo , truccate come se dovessero andare ad un galà aristocratico, con i pantaloni così stretti che si vede anche cosa hanno mangiato a pranzo. Vado al cinema e tutte le protagoniste femminili (anche le comparse) sono fighe stratosferiche che farebbero sotterrare qualunque essere umano, uomo o donna che sia.

Nelle pubblicità si depilano le ragazze senza peli, usano creme antirughe donne di 20 anni, usano le creme per la cellulite ragazze con la pelle più tirata della faccia di Berlusconi,. Ma dove siamo finiti? DOVE SONO FINITE LE VERE DONNE? QUELLE CHE SI VEDONO PER STRADA OGNI GIORNO? Siamo costrette a sentirci inferiori ad uno stereotipo che in natura nemmeno esiste, e quando esiste è malato. Siamo costrette ad una dieta perenne, a nasconderci sotto abiti sformati, a truccarci ogni giorno . E tutto questo non per farci guardare , ma solo per sentirci in pace con noi stesse, per cercare di essere MENO ORRIBILI di come ci vediamo ogni mattina davanti allo specchio, perché non somigliamo in nessun modo ad un modello effimero di bellezza che ci siamo create, o peggio ancora , che  ci hanno fatto creare. 

La magrezza estrema non è sempre sinonimo di bellezza. Piuttosto che ammalarci, piuttosto di far diventare i nostri chili di troppo una vera e propria malattia, forse è meglio accontentarci di essere BELLE DENTRO , perchè con quel tipo di bellezza ci nasci, non bastano tutti i minestroni del mondo. Curiamo la nostra anima, che la bellezza del nostro corpo riuscirà a vederla chi si innamora di noi, non del nostro aspetto.

 

Come al solito, PEACE . 

 

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Vegetariani VS Onnivori: vince il rispetto.

Come primo articolo del mio blog volevo affrontare proprio uno degli argomenti che mi è più vicino in assoluto. L’eterna lotta tra chi mangia carne e chi ha scelto di non farlo. 

Ormai, grazie anche al fatto che i social e le “notizie” su internet sono sempre più presenti nelle nostre vite, ci ritroviamo a sentirci in dovere di schierarci per forza in una categoria specifica, in ogni qualsivoglia argomento: bianchi o neri, destra o sinistra, grassi o magri, biondi o mori, rock o pop, e via dicendo. Uno degli argomenti più in voga negli ultimi tempi è proprio questo: la dieta vegetariana. Se ne parla ormai ovunque, tra telegiornali, pagine facebook, blog (per l’appunto), riviste. Il problema principale non sta tanto nel parlarne, quanto nel fatto che ormai c’è una vera e propria guerriglia tra gli onnivori e chi onnivoro non lo è più. Prese in giro, vignette, insulti veri e propri, minacce e chi più ne ha più ne metta.

La domanda principale è proprio questa: PERCHE’? Fino a pochi anni fa nessuno se ne fregava di quello che decidesse di mangiare il resto del mondo. Ora è argomento quotidiano. Da vegetariana me ne accorgo ogni giorno della mia vita. Quando dichiaro di esserlo, si scatena un putiferio! 

  • MA LA CARNE NON TI PIACE?
  • NON SAI COSA TI PERDI!
  • RICORDATI LE CARENZE, LE PROTEINE DOVE LE PRENDI?
  • MA IL PESCE LO MANGI? MICA E’ CARNE!
  • TANTO LO SO CHE LO FAI PER MODA!
  • MMMMH SENTI CHE BONTA’ , VUOI ASSAGGIARE QUESTA BISTECCA?
  • MA SCUSA, QUINDI COSA MANGI, SOLO INSALATA???

Ovviamente questo è niente, in svariati anni mi sono sentita fare milioni di inutili domande, dalle più svariate persone, anche sui social in anonimo, come se fosse questione di vita o di morte sapere il modo in cui qualcuno decide di nutrirsi. Un problema ancora più grosso, oltre alle persone fin troppo curiose, sono proprio quelli che si fanno da garante della salute e della buoncostume, che ti prendono ad insulti nel momento esatto in cui affermi di non mangiare più carne. Prima non riuscivo di certo a capire perchè, poi improvvisamente una luce : mi sono iscritta su facebook ai gruppi formati da vegetariani. E LI’ HO CAPITO OGNI COSA.

C’è ormai una sorta di setta. Il loro unico scopo nella vita è far sapere cosa non mangiano più, e perché. Ogni persona nel mondo è vittima delle loro infinite prediche. Il solo provare ad esprimere una propria opinione è frutto di grida e attacchi senza riserve, perchè loro sono i possessori della verità assoluta, i messia scesi in terra per far capire all’essere umano la verità sulla vita. Il problema grave è che la maggior parte di loro sono degli ignoranti , cafoni, capre (con tutto il rispetto per le capre), che non sanno nemmeno mettere un’acca al verbo avere. Tutto questo astio, e questa pretesa di essere solo loro nel giusto senza sentire alcuna ragione delle persone che hanno davanti, ha portato il mondo a mettere i paraocchi davanti alle vere ragioni che spingono un vegetariano (o vegano) a diventare tale. Non si è più in grado di fare un discorso sensato, con pro e contro. Non si è più in grado di far valere le proprie ragioni senza per forza denigrare la persona con la quale si ha un confronto. Non si è più in grado di non apparire ridicoli, visto che la maggior parte dei vegetariani ormai parla per sentito dire e senza cognizioni di causa: vedo articoli insensati uscire ogni giorno su tutte le pagine, articoli senza fondo logico, articoli senza prove scientifiche, articoli senza cognizione di causa. E la gente sotto ad urlare:”LO SAPEVOOOO , L’HO SEMPRE DETTO IO CHE CHI NON MANGIA CARNE E’ PIU’ INTELLIGENTE, L’ERBA RAFFORZA I NEURONI!” E giù di insulti e calunnie. 

Quello che vorrei veramente sapere io, è cosa se ne ricava a voler per forza avere ragione, a voler apparire per forza migliori, più forti, più intelligenti. Lo spirito che dovrebbe avere un vegetariano è la salvaguardia della vita, il rispetto dell’ambiente, non certo il titolo di persona più buona e saggia dell’anno. Cosa pensate di fare voi, che per colpa vostra una categoria viene trattata al pari di malati mentali, che per colpa vostra nessuno vuole più trattare l’argomento, che per colpa vostra nessuno si interessa più alle VERE RAGIONI che spingono NOI ad essere ciò che siamo? Non siete voi il motivo per cui si è diffusa così tanto in questi anni quello che ormai chiamano MODA. Voi siete proprio il motivo principale per il quale non si è ancora diffusa abbastanza. Avete perso la dignità, e sopratutto con il vostro atteggiamento perdete ogni giorno che passa la possibilità di far sorgere interesse nell’argomento da parte di persone disinteressate.

Se tutti riuscissero, con RISPETTO , a far valere le proprie idee, sia da una parte che dall’altra, il mondo sarebbe un posto migliore, si potrebbero instaurare dialoghi costruttivi e si potrebbe apprendere qualcosa di nuovo. Quello a cui aspiro, non è LOTTA, ma CONDIVISIONE .

Spero sia un monito e una riflessione per tutti. 

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Mi presento.

Cosa spinge una ragazza ad iniziare (oppure, a provare ) a scrivere un blog? Non saprei.

Nel mio caso, sicuramente la noia, la solitudine, e la voglia di esprimere pensieri e riflessioni in un luogo che sia diverso dalla mia testa. Mi piacerebbe rendervi partecipi delle mie idee, delle mie ricette (esclusivamente vegetariane, sia chiaro) , dei miei rarissimi viaggi, dei miei flussi di coscienza, e delle poche esperienze di vita “degne di essere vissute”.

L’unica cosa che so per certo ad oggi, inaugurando questo blog con un articolo di presentazione , è che quello che scriverò sarà letto da pochissime persone, ma forse le più importanti. Questo mi basta. Anche perché non è detto che quel che metterò nero su bianco sarà per forza qualcosa di interessante, divertente o quantomeno intelligente. Anzi, probabilmente tutt’altro! Ma questo non mi fermerà.

Bando alle ciance ! Avevo premesso una presentazione, e presentazione sia.  Continua a leggere